L’opera di Igor Scalisi Palminteri realizzata durante la manifestazione “Mediterraneo Antirazzista”.
di Gianfabio Lupo
“Muri puliti, popoli muti”. Una frase
letta spesso, che denuncia come un popolo che non si esprima anche sui
muri sia in realtà un popolo imbavagliato, ridotto al silenzio. E quando
a far parlare un muro è la bellezza dell’arte, allora il messaggio
arriva forte e chiaro.
Qualche
mese fa abbiamo visto come l’intervento dell’artista romano Desx abbia distrutto con decisione le
scritte xenofobe e sessiste apparse in Abruzzo. Ancora
prima è stato bello scoprire come la semplicità e la creatività del
progetto Paint Back abbia ironicamente
annientato l’infamia delle svastiche e dei messaggi filo nazisti tra
le strade di Berlino.
Oltre
a questi esempi, sono state molte le volte in cui l’arte urbana ha
deciso di affermare a gran voce l’uguaglianza e il rispetto reciproco. Ecco
quindi le storie di 10 opere di street art che rispondono in modo chiaro, diretto e positivo a
tutte quegli impulsi razzisti, piccoli o grandi, che nonostante tutto
strisciano ancora tra noi.
1.
SOTTO LO STESSO CIELO
La
terra che ci ospita è una, la stessa per tutti. Il cielo e il mare non
conoscono confini, distinzioni o esseri viventi con più diritti di
altri. È questo quello che l’artista canadese Kevin Ledo ha voluto sottolineare con
l’opera “Under the same sky”
realizzata a Portland, in Oregon, per l’aptART.
Un’organizzazione che da anni, in collaborazione con le comunità locali e
diversi artisti di fama internazionale, realizza opere di arte urbana con
l’obiettivo di dare voce ai giovani che vivono in zone di conflitto o
in stato di marginalità.
2.
IL DIRITTO AD ESSERE FELICI
“Godersi le cose semplici, desiderare di
vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, e non mezzo vuoto, sapere di avere
tutto, pur non avendo nulla”. Questo è il significato e lo spirito
dell’opera realizzata a Kiev da XAV per Art
United Us. Quello che però l’artista spagnolo non si sarebbe
mai aspettato è la reazione razzista e quanto meno ignorante
di alcuni abitanti del luogo, che una volta capito il colore della pelle del
soggetto raffigurato, hanno fatto di tutto per fermare i lavori.
Tra loro anche un alto esponente della polizia nazionale che, riferendosi al
protagonista del dipinto, si è rivolto all’artista invitandolo a “non dipingere quella scimmia”.
Nonostante le rimostranze, la maggioranza del quartiere si è schierata dalla
parte dell’artista, che, seppure in tempi più lunghi del previsto, è
riuscito a portare a termine la sua opera. Da quel giorno, il poliziotto e
tutti quelli che la pensavano come lui hanno la possibilità, passando davanti a
quel bellissimo sorriso, di riflettere sulla ricchezza
dell’umanità.
3.
LA LIBERTÁ DI SPIEGARE LE ALI
Nel
quartiere di Arghillà a Reggio Calabria, iI duo artistico siciliano Rosk & Loste ha
voluto rispolverare la memoria religiosa della madonna nera, un
culto ben radicato nella storia di quel territorio. Realizzato grazie al
coordinamento di INWARD all’interno
del progetto “No a tutti i razzismi”,
l’opera che si erge su 200 metri quadrati di facciata, è oggi
simbolo di speranza per un’intera periferia e forse per tutta l’Italia che
crede nell’integrazione. Tanti, infatti, sono i simbolismi racchiusi
in quest’opera: dall’aureola, icona di santità, alla rondine, animale noto per
il suo innato spirito migratorio, passando per filo spinato sul
quale poggia l’uccello, freddo e duro come il muro di intolleranza che è
necessario abbattere.
4.
UN SANTO PERFETTO PER TUTTI
Da
una figura sacra ad un’altra, dalla Calabria alla Sicilia. Pochi giorni fa è
infatti apparsa in pieno centro storico di Palermo l’opera
di Igor Scalisi Palminteri dedicata
a un santo africano, realizzata durante la manifestazione “Mediterraneo Antirazzista”. “Ho scelto San Benedetto il Moro perché era
africano, nero e schiavo. Insomma, un immigrato perfetto, però santo e patrono
della nostra città” ha sottolineato l’artista palermitano. Il santo
veglia sereno, con i suoi scarpini da calcio ai piedi, su un campetto
sportivo dove ogni giorno giocano ragazzi provenienti da tutto il mondo.
5.
QUELL’ODISSEA CHE ALCUNI CHIAMANO CROCIERA
Continuando
a Sud, dove sorrisi e calorosa accoglienza non sono mai mancati, arriviamo a
Bari. Qui però, l’opera di BLU e ERICAILCANE, nonostante i colori accesi e
l’ambientazione quasi fiabesca, racconta la drammatica storia che
i migranti devono fronteggiare durante le loro traversate. Il mare e il
viaggio sono i protagonisti dell’intervento, dipinto lungo tutto
l’edificio dell’ex Istituto Socrate occupato, che da anni accoglie rifugiati
provenienti principalmente dal continente africano. Il balcone centrale è stato
trasformato in una prua di galeone, simbolo di rifugio precario ma
essenziale alla sopravvivenza. Per questo la “nave” è protetta con
determinazione dagli animali viaggiatori che popolano l’opera. Questi portano
con sè un’àncora, necessaria ad approdare in un porto sicuro, e una
bottiglia che al suo interno contiene un messaggio, fatto di città e vite
vissute. Come un’arca guidata dai flutti marini, navigando
verso la speranza, l’imbarcazione si lascia alle spalle terrore e
distruzione.
6. “TUTT’ EGUAL SONG’ E CREATURE” (TUTTI
I BAMBINI SONO UGUALI)
Restiamo
in Italia, ancora a Sud, dove non è un caso che questo tema sia particolarmente
sentito e la voglia di riaffermare la propria umanità trovi ampio spazio sui
muri dei palazzi. Nella periferia orientale di Napoli, a Ponticelli per la
precisione, si trova il gigantesco e stupendo ritratto di Ael, una
bambina rom. Accanto a lei dei libri. L’opera di Jorit, realizzata sempre grazie
all’impegno dei ragazzi di INWARD, è una decisa presa di posizione
contro i pregiudizi antiziganisti e xenofobi. Un
gesto forte, che mette nero su bianco e a caratteri cubitali il bisogno
di inclusione sociale.
7.
LE PERSONE SONO UGUALI, SOLO LA DISUGUAGLIANZA LE DIVIDE
Il
bisogno di riaffermare determinati valori umani è una
necessità che purtroppo, forse paradossalmente, non conosce confini.
In Polonia, nella città di Białystok, vennero incendiate volontariamente due
case abitate da stranieri. In seguito all’accaduto Chekos e Ania decisero
non lasciare indiscusso l’episodio e partirono per dipingere il primo
murales antirazzista del paese. Lavorare in quel quartiere non fu
facile per loro. Nonostante gli insulti e le pressioni da parte di alcuni
gruppi di nazionalisti polacchi, gli artisti riuscirono a terminare
l’intervento. L’opera raffigura una bambina di colore nell’atto di togliersi la
maschera con il volto bianco, accompagnata dalla frase scritta in polacco: “Le persone sono uguali, solo la
disuguaglianza le divide”.
8.
LA SAGGEZZA NON DISCRIMINA
Di
un’altro artista italiano è l’opera “Grab
the Cock”, realizzata da Ozmo in
uno dei luoghi simbolo della street art internazionale: il R.A.W. Project di Wynwood a
Miami. L’intervento, realizzato all’interno di una scuola elementare
frequentata da bambini figli di minoranze che vivono in stato di
difficoltà, è un chiaro e simbolico emblema contro ogni forma di
discriminazione e razzismo.
9.
NON C’È FUTURO PER L’IGNORANZA
Senza
mezzi termini anche Shepard Fairey, in arte Obey The Giant, ha voluto dire la sua. Lo
scorso anno l’artista è volato a Berlino per il progetto One Wall del Museo Urban Nationdove
ha realizzato un’opera su una parete di quasi 20 metri quadri in
cui il messaggio è più cristallino che mai: “Non c’è futuro! Per l’apatia! L’ignoranza! Il sessismo! La xenofobia!
Il razzismo!”.
10. L’ODIO
NON È DI CASA
L’ultimo
in ordine temporale a prendere posizione sul tema è stato, proprio in questi
giorni, Banksy, lo street
artist più noto al mondo. Di passaggio a Parigi, l’artista inglese ha voluto
sottolineare con la sua cruda ironia la dura e precaria
condizione vissuta da molti migranti. L’opera infatti è stata realizzata a
pochi metri da un centro di accoglienza per rifugiati che una
volta chiuso ha costretto centinaia di persone, compresi bambini e adolescenti,
a vivere in strada.
Nel
murale una giovane ragazza dipinge con gli spray una carta da parati rosa per
coprire una svastica nera e rendere più accogliente il suo
lembo di terra. Il gesto della bambina ha quindi il chiaro intento di sovrastare
l’odio di quel simbolo e di trasmettere, nonostante tutto, la volontà
di sentirsi a casa.
E
con gli occhi ancora pieni di quanto appena visto non possiamo che augurarci
che la frase dello scrittore aforista tedesco Karl Kraus non diventi
presto realtà.
“L’arte è ciò che il mondo diventerà,
non ciò che il mondo è.“
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