San Benedetto da San Fratello detto il Moro: La Vita


San Benedetto da San Fratello - Uomo senza frontiere venerato in tutto il mondo"Comitato

Sito web a cura del "Comitato festeggiamenti San Benedetto il Moro" San Fratello (ME).

venerdì 1 novembre 2013

La Sicilia ai tempi di Benedetto “Il Moro”: il problema della schiavitù

La situazione storica durante la vita di San Benedetto.
Tratto da: "La Spiritualità di San Benedetto il Moro o L'Africano"
Non risulta possibile presentare la figura di San Benedetto “il Moro” senza inquadrarla, sia pure sinteticamente, nella storia di quella terra che gli fu doppiamente cara: per diritto di natura e per la chiamata del Signore. In una terra, come quella di Sicilia, sottoposta al governo spagnolo e ancora alle prese con lo schiavismo, doveva emergere la grande figura dell’apostolo originario dell’Africa (probabilmente dell’Etiopia), che ben presto rappresentò di fronte alla popolazione tutta, l’anelito alla libertà e la dignità dell’uomo, sia nella sua individualità che nella sua dimensione familiare.
Dopo l’occupazione degli Aragonesi di Spagna, la Sicilia divenne un semplice vicereame. Lo stesso Parlamento Siciliano, con la distinzione nei tre bracci - militare, ecclesiastico, demaniale - a somiglianza delle “Cortes” catalane e aragonesi, rappresentava solo gli interessi delle classi dominanti e non quelle del popolo. La condizione sociale del popolo siciliano era veramente misera: analfabetismo, indigenza e schiavitù erano dominanti. Le condizioni dell’isola non migliorarono con Carlo V (1519 - 1556): i Viceré si preoccupavano solo di tenere il popolo sottomesso al potere spagnolo e raccogliere abbondanti tributi da inviare in Spagna.
Gli spagnoli, durante il periodo di Carlo V, essendo venuti a contatto con le coste occidentali dell’Africa, con il pretesto dello stato selvaggio di quelle genti, dove numerosi erano gli schiavi, iniziarono la tratta dei negri, anche per supplire alle braccia che mancavano in patria per i lavori pesanti. Questi schiavi negri, con la scusa di essere convertiti alla religione cattolica e di essere battezzati venivano catturati e venduti in Spagna e nei possedimenti spagnoli, compresa la Sicilia.
Questo dovette essere il destino dei genitori di san Benedetto (Cristoforo e Diana) che vennero acquistati da ricchi signori della città di San Fratello: l’uomo, tale Vincenzo Manasseri; la donna, dalla famiglia del nobile cav. Lanza.
E qui giova fare un breve cenno al tema della Chiesa e della schiavitù, e su come Benedetto, in quanto degno rappresentante della chiesa stessa, inserito nell’Ordine Francescano, divenisse un banditore instancabile del precetto evangelico dell’amore del prossimo, contribuendo non poco a dare una spallata all’inumana istituzione della schiavitù.
Sfruttò la sua libertà, concessagli fin da quando era nel grembo materno e assicuratagli dal padrone, per porsi al servizio del Maestro: questo è il motivo principale per cui se ne diffusero in seguito la devozione e il culto in varie nazioni d’Europa e dell’America del Sud, ove viene invocato come “Benito da Palermo”.
Il suo quotidiano tendere, per tutta la vita, all’apostolato e all’evangelizzazione, per un’adeguata promozione umana e per la difesa della dignità degli uomini, nasce dalla sua consapevolezza di uomo reso libero da Dio, dal suo aprirsi completamente a lui, come si conveniva ad un asceta e ad un mistico che, sgombrate, per ovvi motivi, preoccupazioni culturali ed accademiche, poteva completamente dedicarsi alla mortificazione, non tanto per distruggere la sua corporeità, quanto per renderla un più adatto strumento dell’anima verso la perfezione.
Senza suscitare pericolosi disordini sociali, come era nello stile dell’Ordine religioso dei Frati Minori, cui egli decise di appartenere, e senza reagire contro coloro che lo denigravano per il colore della pelle, l’umile figlio di San Fratello riuscì a portare un alito di rinnovata religiosità in una zona che reclamava comprensione, libertà e fratellanza.
Con la sua azione di propagatore del Vangelo, e insistendo sull’amore degli uomini, ripropose l’azione di san Paolo che scosse l’edificio della schiavitù quando, sfidando arditamente il pregiudizio e lo scandalo dei pagani, ebbe a proclamare: “Non c’è più né Giudeo, né Greco, né Sciita, non c’è più né libero né schiavo, perché tutti siete una sola cosa in Cristo” (Gal 3,28).
L’azione di Benedetto non poteva essere violenta: infatti, si sottopose ai voleri del padrone e lo rispettò. Tuttavia, ciò non gl’impedì di operare concretamente.
A nome della Chiesa affermò innanzitutto al cospetto di Dio l’ugual valore del libero e dello schiavo. Lui stesso nobilitò il lavoro e il lavoratore contro coloro che, invece, lo denigravano. Coi fatti (disponibilità, carità, prudenza…) scosse la base giuridica della schiavitù, che escludeva dalla partecipazione alla   vita sociale, promuovendo gli schiavi fatti liberi agli uffici più elevati del ministero ecclesiastico: sull’esempio di Papa Callisto, che era stato uno schiavo liberato, anche lui divenne da umile sottoposto un membro eletto dell’Ordine di san Francesco d’Assisi.
Con la sua azione cominciò a riformare le idee e a far comprendere che la concezione cristiana della vita non poteva accordarsi con la schiavitù, con quello stato degradante, cioè, per cui un uomo è proprietà di un altro, è venduto, è privato dei dolci vincoli della famiglia e della società, quasi non avesse altro fine della sua esistenza che quello di servire al vantaggio di un altro uomo. (Continua...)

Nessun commento:

Posta un commento