Continuiamo il racconto sulla vita di San Benedetto il Moro. Oggi vengono ripercorsi gli episodi di preghiera del Santo e le scelte eremitiche a fianco di Fra Girolamo Lanza.
Gli eremiti di Girolamo Lanza erano, in quel
particolare momento storico, uno dei filoni più tenaci nel proposito che
portava al silenzio e alla solitudine. Papa Giulio III aveva approvato quella
loro vita e Benedetto aveva giurato fedeltà a quella regola che si ispirava a
San Francesco nella Cappella di Santa Domenica sita allora nei pressi di
Caronia Marina. La Cappella di Santa Domenica era sita nelle
vicinanze del mare e non era un luogo adatto alla vita eremitica, per questo venne
abbandonata dagli eremiti.
Come questo, anche altri luoghi sarebbero stati lasciati dal gruppo di Girolamo
Lanza nel lungo cammino alla ricerca di Dio e per sfuggire alle orde di fedeli
che cercavano Benedetto per ottenere da lui guarigione e miracoli. Gli eremiti si spostarono da Caronia a Raffadali, vicino ad Agrigento (Dalla
costa Tirrenica della Sicilia a quella del Mediterraneo) e rimasero in quel
luogo di solitudine otto anni. Dopo
otto anni, il gruppo si sposta nuovamente dirigendosi in un luogo montuoso ed
aspro tra Carini e Partinico (La Mancusa), presso Palermo. Uno dei miracoli di San Benedetto avviene
nella cittadina di Carini. Benedetto, camminando con passo svelto tra la gente
per paura di essere scoperto e costretto nuovamente a fuggire, viene
riconosciuto e la voce giunge ad una popolana affetta di cancro ad seno. L’ammalata,
correndogli incontro, grida: «Benedetto da Dio! Guarda la mia carne che va in
cancrena. – il petto nudo – Prega Dio per me! Fa un segno!». Benedetto,
inorridito e impietosito, non si sottrae, traccia il segno di croce sulla
mammella e fugge. Non fuggirà più e non ci saranno vie impervie, dirupi o antri
che impediranno alla folla di raggiungere il “Santo Moro” per chiedere
guarigione ed aiuto. «Il mondo
parlerà di questo schiavetto negro, che oggi deridete». (Fra’ Girolamo Lanza).
Giunsero a lui da Carini, Partinico, Montelepre,
Isola delle Femmine, Monreale e la fama di Benedetto giunse sino a Palermo, nei
palazzi dei baroni e dei signori spagnoli. Fra’ Girolamo Lanza decide di spostarsi nuovamente e, dalla Mancusa di Carini,
gli eremiti si spostano presso il vicino monte Pellegrino, ancora sconosciuto
ai palermitani come luogo del ritrovamento del corpo di Santa Rosalia, patrona
del capoluogo siciliano. Dal
romitorio sul monte Pellegrino Fra’ Girolamo, a causa di un qualche motivo
familiare, è costretto ad allontanarsi per tornare nel suo paese natale: San
Marco d’Alunzio dove si ammala e muore; il suo corpo è sepolto nella Chiesa
Madre del paese nebroideo. Alla
notizia della morte di Girolamo Lanza, gli eremiti cercano una nuova guida da
seguire e Fra’ Benedetto l’Africano diviene Padre e Guida per questi infelici.
La sua esperienza del soprannaturale lo elevava tra gli altri e lui accettò
l’incarico pieno di quella voce intima che in lui gridava nuovamente: “Si!”.
La sistemazione degli eremiti sul monte
Pellegrino era senza dubbio precaria, in grotte e capanne di frasche, e il lungo
pellegrinaggio di gente che, piena di speranza, cercava il “Santo Moro dei
Miracoli” non poteva non accorgersi di questa situazione scomoda e selvaggia giunta
all’orecchio di Giovanni della Cerda, duca di Medinaceli e viceré e comandante
della Sicilia e della duchessa sua moglie che fecero costruire sul monte delle
cellette in muratura, una cisterna per l’acqua e una piccola chiesetta. Al gruppo degli eremiti si aggiunse un nuovo
giovane nativo di Paola in Calabria, attirato su quel monte dalla fama di
Benedetto, il quale lo accettò tra gli eremiti, gli impose la tonaca di terziario
francescano e gli diede il nome di frate Francesco, educandolo alla preghiera e
alla penitenza, come Fra’ Gerolamo aveva fatto con lui. Fra’ Francesco Gargano morirà alla veneranda
età di centododici anni, famoso anche lui per virtù e miracoli e dopo aver
consegna al Tribunale Ecclesiastico le sue memorie che sono un testamento
oculare della vita di San Benedetto il Moro. Nel marzo del 1562, una lettera
del Cardinale Del Carpio, Rodolfo Pio, Vescovo portuense e Protettore,
Correttore e Governatore di tutto l’Ordine di San Francesco d’Assisi e delegato
di Papa Pio IV annunciava al gruppo degli eremiti di Fra’ Girolamo Lanza che la
loro confraternita era sciolta e che loro erano liberi o di tornare alle
proprie case o di scegliere uno degli Ordini riconosciuti dalla Chiesa: Frati Cappuccini
o Minori Osservanti. L’ordine venne dato non per infliggere un ingiusto colpo
basso agli eremiti ma per evita il diffondersi di piccoli gruppi autonomi frammentati
dall’Ordine Francescano che avrebbero potuto causare problemi. La disposizione
era perentoria ed immediata; si minacciavano scomuniche se non fosse stata
rispettata. La compagnia di Girolamo Lanza non poté fare altro che ubbidire.
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