Dopo la lunga malattia, alle ore 18 del 4 aprile 1589, martedì dopo Pasqua, Benedetto entrò nella Gloria.
Laudato sì, mi Signore, per sora nostra morte corporale, Da la quale nullo homo vivente pò scappare,
Guai a quilli che morranno ne li peccata mortali.
Beati quilli che troverà nelle tue santissime voluntati,
Ca la morte secunda nol farà male.
Così S. Francesco, disteso sulla nuda terra, componendo l'ultima strofa del "Cantico delle Creature", invitava i suoi frati a cantare, mentre egli gioiosamente si preparava a donare la sua bell'anima al Signore. Benedetto, degno figlio di tanto Serafico Padre, anche lui si preparava ad andare a ricevere la giusta mercede del buon servitore, e a incontrarsi con Dio, la Vergine e i Santi che per tutta la vita aveva amati, pregati, invocati e in estasi contemplati, e ora li avrebbe incontrati e visti faccia a faccia.
Benedetto nel mese di febbraio 1589 si ammalò, i frati vista la gravità del male chiamarono il suo intimo amico, il Signor Giandomenico Rubiano, senatore della città, il quale subito accorse. Benedetto vedendolo preoccupato gli disse: "Per questa volta piace al Signore che io scampi questa infermità, però all'altra mi partirò da questa vita, e sarà presto perchè ho già finito il mio tempo".
Difatti quella volta guarì, ma non passò un mese e, avendo il male ripreso virulenza, Benedetto di giorno in giorno deperiva.
I frati tutti lo servivano, ma egli non voleva che si preoccupassero, sapendo per particolare rivelazione che era prossima l'ora di unirsi con il suo amato Signore.
Il Padre Superiore una volta visitandolo gli disse: "Oh! messere, gran travaglio avremo il giorno della vostra morte per il concorso della gente che verrà".
Benedetto dolcemente rispose: "Non dubitate, Padre, perchè il giorno che io morrò non ci sarà moltitudine di popolo, non ci sarà nessuno, ma bensì dopo; e se non sarà ben presto sotterrato questo mio corpo, verrà grande moltitudine e si vedranno grandi contrasti, onde vi supplico di farlo sotterrare presto".
Profezia che puntualmente si avverò.
Durante gli ultimi giorni di malattia, pur essendo tormentato da fortissimi dolori, da sfinimenti e languori, tuttavia nulla voleva per alleviarli e soffriva tutto offrendo al suo bene: Gesù.
Nera fonte di luce - Autore: Sisto Russo (olio su tela 75 x 50) |
Non avrebbe voluto prendere né medicine né cibi speciali tuttavia, come servo obbediente, prendeva solo tutto quello che il Superiore e il medico ordinavano.
Un giorno, dopo che un frate gli aveva portato due tuorli d'uovo prescritti dal medico, egli disse: "Questi rossi d'uovo non servono più, solo li prendo per fare l'obbedienza".
Aggravandosi il male pregò il Superiore di portargli il Santo Viatico. Prima di ricevere il Santissimo Sacramento, alzatosi alquanto e messo il cordiglio al collo, in segno di umiliazione, con voce chiara, solo interrotta dai singhiozzi, domandò perdono a tutti dei suoi peccati e lo fece con tale umiltà da sembrare il più grande peccatore. I suoi confratelli che attorniavano il suo lettuccio furono talmente commossi che si misero a piangere.
A fra Guglielmo da Piazza, che credeva fosse vicino a spirare e si era messo ad accendere le candele, disse: "Fratello non è ancora venuta l'ora, quando sarà giunta, ve lo dirò".
Avvicinandosi il giorno della sua morte, a fra Paolo e a fra Guglielmo che erano vicini disse: "Mettete in ordine alcune sedie per queste sante donne che vengono a visitarmi." I frati, non vedendo nessuno, gli chiesero: Dove sono? Egli rispose: "Non vedete S. Orsola e le sue vergini?" Benedetto nutriva particolare devozione verso questa santa e nell'ora della sua dipartita era venuta a visitarlo. Passato ancora qualche giorno, e avvicinandosi l'ora della morte, rivolto a fra Guglielmo disse: "Fratello, è arrivata l'ora, accendete le candele." Indi si pone le mani sul petto in forma di croce, con i sentimenti più teneri invocati i dolci nomi di Gesù, Maria e Francesco, alza gli occhi al cielo, con il volto più luminoso del solito, pronunziando queste parole: "Nelle tue mani raccomando il mio spirito", l'anima benedetta, abbandonando la spoglia mortale, spicca il volo verso la celeste dimora dei beati.
Erano le ore 18 del 4 aprile 1589, martedì dopo la festa di Pasqua di Risurrezione.
Fra Benedetto aveva 65 anni, di cui 21 passati presso i suoi genitori, 17 da eremita, 27 da frate minore.
Quell'anima benedetta separatasi dal corpo, prima di entrare nella gloria, volle ancora dare una consolazione alla sua cara nipote, Suor Benedetta Nastasi, che si trovava nella casa dell'amico Giandomenico Rubiano. Mentre ella era nella sua cameretta, all'improvviso vide svolazzare una candida colomba e udì queste parole: "Non domandi niente, Benedetta?" La fanciulla riconobbe la voce e chiese: "Dove andate zio?" Ebbe questa risposta: "Al cielo".
Benedetto se n'è andato al cielo e, come S. Paolo, può esclamare: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione." (2Tim. 4, 7-8)
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