San Benedetto il Moro, un'icona dei nostri tempi. L'idea di Roberto Marsala è quella di realizzare un film che riporti alla luce una Sicilia dimenticata e che contribuisca ad abbattere i muri che ancora oggi impediscono di conoscere e di apprezzare ‘il diverso’.
di Armando Biccari
L’Italia annovera una schiera di santi
famosi in tutto il mondo, uomini eccezionali dalle grandi virtù, che hanno
avuto il riconoscimento del gradino più alto non solo da un punto di vista
prettamente ecclesiastico. Ma pochi forse conosconoSan Benedetto il Moro, patrono di Palermo
capitale della cultura 2018. Igor Scalisi Palminteri ha
realizzato un murales al mercato rionale di Ballarò a Palermo, è stato
realizzato insieme ai bambini del centro sociale San Francesco Saverio.
L’inaugurazione è avvenuta in occasione della festa di avvio del Mediterraneo
Antirazzista, la manifestazione sportiva che promuove le relazioni
interculturali tra le diverse componenti che abitano nella città metropolitana.
A parlarci di questo Santo, ai tanti sconosciuto, è Roberto Marsala che ha operato nel
settore dello spettacolo dalla metà degli anni Sessanta come produttore
discografico, autore ed editore, sino a divenire titolare dell’etichetta
discografica Fare Basf del Gruppo Basf. Produttore di artisti di fama internazionale
è stato socio di importanti organizzatori di eventi musicali, tra i quali Alberico Crocetta, inventore del Piper, e Davide Zard.
Chi è stato Benedetto il Moro e
chi è oggi questo Santo venerato nel capoluogo siciliano?
Un uomo mite,
piccolo di statura il quale era attento al prossimo. Era nato in un piccolo
paesino in provincia di Messina, a San Fratello nel 1524 circa e morì a
Palermo, il 4 aprile 1589.
A marzo di quest’anno c’è stata una
presentazione al Palazzo delle Aquile a Palermo dove il sindaco Leoluca Orlando in occasione del conferimento
di Palermo capitale della cultura italiana 2018 ha voluto far conoscere la
figura di questo Santo nonché patrono della città insieme a Santa Rosalia.
È stato
rinominato il Santo degli schiavi perché proveniva da una famiglia che aveva
subito la schiavitù. Quindi possiamo dire che San Benedetto in vita era attento
ai bisogni delle persone, è stato canonizzato da Papa Pio VII il 24 maggio del
1807. Dopo la sua morte il suo culto si è diffuso non solo in Sicilia ma anche
in Sud America, per quelle combinazioni fortuite o paradossali, forse perché
tanti siciliani sono emigrati nel secolo Novecento in Brasile, Venezuela e in
Colombia.
Quale è il suo progetto
culturale intorno alla figura di San Benedetto.
In primis una retrospettiva, che ho già in
cantiere in collaborazione con il Centro interdisciplinare di ricerca sul
paesaggio contemporaneo presieduta dal Fulvio Caldarelli, magari legata a
qualche evento che ci sarà nel corso del 2018 grazie al testimone che la
Sopraintendenza dei beni Culturali ha dato a Palermo come capitale della
cultura, e poi un progetto avvincente cioè un film che ho iniziato a scrivere
nel 2014. L’idea di realizzare un film su San Benedetto nasce da un vecchio articolo
mostratomi dall’artista Beppe Madaudo. L’articolo, apparso domenica 5 settembre
1999 sul quotidiano La Repubblica, così
titolava: “Palermo, capitale meticcia di schiavi e di santi neri. Leggendolo,
appresi tra le altre cose che l’Unesco avrebbe fatto di Palermo la sede del
centro studi sul ‘Mediterraneo degli schiavi’ e che l’allora sindaco Leoluca
Orlando si batteva già da tre anni affinché il Santo Nero San Benedetto da San
Fratello riprendesse il posto che gli spettava come co-patrono della città al
fianco di Santa Rosalia. La notizia mi colpì molto e presi altre informazioni.
Venni allora a sapere che, San Benedetto era figlio di due schiavi di origine
etiopica. Seppi anche che il 24 aprile 1998, in occasione del 346° anniversario
della proclamazione di San Benedetto a patrono della città di Palermo, nella
cappella settecentesca del Palazzo delle Aquile era stato collocato alla
presenza del Sindaco Orlando – che l’aveva commissionato – un quadro
raffigurante San Benedetto dipinto dall’artista Beppe Madaudo. In seguito lessi
il libro di Padre Ludovico Mariani “Breve vita di S. Benedetto da S. Fratello
detto il Moro.
A poco a poco, si
fece strada nella mia mente l’idea che le navi che trasportavano ammassati
nella stiva schiavi africani – uomini, donne, bambini – da vendere nella
Sicilia spagnola del Cinquecento non dovevano essere poi così diverse dai
barconi carichi di disperati che sempre più spesso si riversano sulle nostre
coste. Di volta in volta albanesi, curdi, ruandesi, sempre diversi eppure così
uguali: stesso il sangue, il sudore, le lacrime, stesse le facce, la paura, il
dolore. Ieri marinai mercanti di carne umana, oggi scafisti senza scrupoli.
Esseri umani che sbarcano, oggi come allora, tra l’indifferenza generale. Sono
i nuovi schiavi. Il mio intento è realizzare un film che riporti alla luce una
Sicilia dimenticata e che contribuisca ad abbattere i muri che ancora oggi ci
impediscono di conoscere e di apprezzare ‘il diverso’. In un mondo sempre più
globalizzato che permette la libera circolazione di ogni tipo di merce –
comprese armi e droghe – mi chiedo perché si neghi proprio agli uomini la
libertà di movimento. L’argomento affrontato è drammatico e certamente
l’attuale situazione politica, sia in Italia che nel resto del mondo, non induce
all’ottimismo. Tuttavia credo che un mondo migliore sia possibile. E proprio
per questo, il film si conclude con un finale fiabesco, aperto alla speranza.
Un soggetto avvincente per la
sceneggiatura di un film. Chi secondo lei potrebbe girare un lungometraggio
impegnativo e d’autore?
È vero il soggetto
è impegnativo, ma potrei immaginare anche una lettura diversa da quella
contenuta nella sinossi, magari con una visione diversa dalla mia dai toni
forti e che rispecchi i tempi che viviamo.
Quale è il nome del regista che
ha in mente?
Credo che il
maestro Abel Ferrara potrebbe fare la differenza. Non lo conosco ma ho
apprezzato nel tempo le sue doti artistiche la sua estetica ed il suo stile, la
capacità di raccontare verità scomode, penso alla trilogia delle sue opere sul
concetto di riscatto e redenzione. Questo è il mio desiderio.
Magari dopo questa nostra
intervista il regista Abel Ferrara verrà a conoscenza di questo suo progetto
con l’augurio che lui possa accettare la sua proposta.
Perché no.
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